Tappeti contemporanei

Collezione tappeti contemporanei

I tappeti contemporanei Morandi si distinguono per i seguenti motivi:

  • La grande qualità della manifattura:
  1. Densità di 150 nodi persiani ogni
  2. Trame ed orditi in cotone ritorto, lane degli Yak o pregiate lane australiane.
  3. Alte percentuali di seta: seta del baco da seta, seta di bambù, inserti di canapa.
  4. Accurati lavaggi che rendono il tappeto particolarmente luminoso.
  •  La collezione di Tappeti contemporanei si avvale di disegni sempre nuovi, insoliti ed unici, frutto di ricerche stilistiche avanzate che si avvalgono di contaminazioni di culture differenti. Vere e proprie opere d’arte create da artisti, architetti e designer. La grafica rappresenta un ponte culturale tra Occidente e Oriente. Linea diretta tra la galleria Morandi e le manifatture ove vengono annodati.

Da quando ho cominciato a lavorare, quindi da sempre, ho posto particolare cura all’innovazione.

Ad esempio, nel 1982 dopo la rivoluzione islamica, quando sono state riaperte le frontiere con l’Iran, mi sono rifiutato di importare le manifatture con i colori nuovi (le tinte al cromo erano state bandite a causa del forte inquinamento che provocavano).

L’annodatura dei tappeti in Iran, profondamente cambiata, non solo nei colori ma anche nell’inserimento delle trame e i nuovi prezzi, sempre più convenienti, rispecchiavano la decadenza della qualità. Già da allora la mia scelta drastica di non trattare più le nuove produzioni iraniane.

Quali soluzioni? Quali scelte a quale prezzo?

Il mio istinto e la mia determinazione ad offrire tappeti di qualità, veramente accattivanti dal punto di vista estetico, mi spinsero verso la ricerca al di fuori degli stretti confini iraniani.

Fu così che trovai in Pakistan alcune piccole manifatture di straordinaria qualità. Senza imitare pedissequamente i disegni persiani, annodavano con lane filate a mano e tinte con colori vegetali (impossibili da reperire in Iran) tappeti bellissimi dal vero nodo persiano. Il nodo vero, doppio, come il tradizionale iraniano, era avvolto su orditi depressi. I disegni più radi in campo aperto, stilizzazioni raffinate e all’avanguardia che però stentavano ad essere comprese appieno. La maggior parte degli appassionati, rimanendo affezionata ai pezzi di un tempo, era restia ad apprezzare tutto ciò che non provenisse dall’Iran.

Ciononostante, anche se non nell’immediato, la scelta di rigore perfettamente in linea con la mia politica aziendale, ha premiato le nuove collezioni proposte a quell’epoca. Hyderabad e Peshawar rimangono tuttora un must per i tappeti classici.

Lo stesso criterio lo ho adottato anche circa vent’anni fa di fronte ai mutamenti di un’epoca.

Le torri gemelle erano state abbattute, si sentiva l’esigenza di un forte cambiamento, anche l’arredamento viveva un periodo di stasi ed i mobili antichi non erano più in auge. Venivano proposti tappeti moderni con disegni anni ‘70 o tappeti a tinta unita; le stuoie riempivano le case arredate con nuovi squadrati divani e mobili di design. Anche allora la mia scelta di rottura, che paga ancor oggi, fu quella di scegliere tappeti che potessero soddisfare le nuove esigenze di pulizia e rigore senza cadere nel banale monocromatismo. La richiesta era quella di un tappeto moderno o comunque geometrico.

A proposito di quest’ultimo devo chiarire che trattando i tappeti caucasici antichi, pregiate manifatture della fine del IX secolo, non potevo proporne le imitazioni geometriche presenti sul mercato (banali tappeti pakistani che riprendevano il disegno caucasico).

Mi sono messo quindi alla ricerca, prima in Bhutan, poi in Nepal dove venivano proposti alcuni tappeti tibetani moderni. Queste manifatture però usavano il nodo tibetano di più veloce realizzazione. Finalmente ho scoperto che in India, nell’Uttar Pradesh erano più propensi ad usare il nodo persiano e potevano realizzare anche disegni su ordinazione.

Ecco fatto che gradatamente prende forma quella che oggi è la collezione di tappeti contemporanei.

Le prime sensibilità decorative prendevano spunto da atmosfere indiane; mi riferisco ad alcuni pezzi che lasciavano intendere lo scroscio delle piogge torrenziali del periodo dei monsoni, o ad altri che ricordavano i tetti di rame delle case di Katmandu. Ora invece i tappeti della collezione “tappeti contemporanei” sono vere e proprie opere d’arte informale che si ispirano liberamente ad artisti internazionali. Ne ricordo qui solo alcuni: Vojtech Bruzek, Il cinese Tan Ping, gli americani Jackson Pollock e Clyfford Still.